8 SETTEMBRE 1943 A FIUME
L’inizio
del 1943 a Fiume si presentava molto negativo per il porto vuoto -
essendo tutte le navi spostate nel Sud per i rifornimenti alla Libia - ad
eccezione dei collegamenti quotidiani con Zara e la Dalmazia. Le fabbriche di
guerra lavoravano a pieno ritmo mentre la popolazione soffriva i disagi delle
tessere annonarie che alimentavano il mercato nero e il baratto. Intanto gli
Alleati anglo-americani avevano chiuso la partita anche in Africa
Settentrionale e il 9 Luglio ci fu l’atteso sbarco in Sicilia dove il Duce
aveva inutilmente promesso di fermare il nemico sul bagnasciuga. Di fronte al
precipitare della situazione - e dopo che il Gran Consiglio del Fascismo aveva
messo in minoranza Mussolini - il 25 Luglio 1943 il Re ordinò l’arresto del
Duce e la sua prigionia in una località segreta, gesto che rappresentò la fine
del Fascismo. Non risulta che a Fiume fossero state eseguite gravi vendette
contro Gerarchi o esponenti del vecchio Regime.La guerra purtroppo
continuava mentre l’Italia, all’insaputa dell’alleato tedesco, preparava la
resa incondizionata al nemico e si giunse così allo storico 8 Settembre quando
il discorso sibillino del nuovo Capo del Governo Pietro Badoglio creò il caos
militare e la sensazione che la guerra fosse finita. Quella sera si formarono
in Piazza Dante e in Piazza Scarpa a Fiume due cortei di antifascisti che si
diressero alle carceri di Via Roma per tentare la liberazione dei prigionieri
politici. Alcuni reparti detti “metropolitani” giunti dalla Questura spararono
alcuni colpi di fucile in aria e tra il fuggi fuggi generale la piccola folla
si disciolse o si nascose nel rifugio antiaereo che era in costruzione nella
stessa Via Roma. Fiume fu invasa da masse di soldati sbandati che avevano buttato
le armi e cercavano di riparare nella penisola per fuggire dall’inferno
jugoslavo e fu invece una grossa e dolorosa sorpresa vedere una misera umanità
di vecchi e donne, con indosso laceri indumenti tipici dei bodoli della
Bodolia, in cerca di un tozzo di pane. Nella Cittavecchia si distinse la
signora Maria Mansutti, detta “Maria Kirizza” - poi profuga e dipendente delle
Poste Italiane di Genova - che organizzò un “centro di ristoro” fra le donne
del rione. Si venne così a sapere che questa gente arrivava dalla prigionia di
Arbe e che era diretta in Jugoslavia in cerca di ciò che restava dei loro
villaggi. I fiumani si riversarono festosi in Piazza Dante, sui moli dove
attraccavano le navi della “Società Fiumana di Navigazione” e in Mololongo sperando
di vedere l’arrivo di navi alleate, ma accadde invece il contrario e cioè che
una decina di giorni dopo giunsero i tedeschi che incorporarono la città
nell’“Adriatisches Küstenland”, governato da un Gauleiter che risiedeva a
Trieste. In aggiunta, il 12 Settembre 1943 Otto Skorzeny - eroe negativo
dell’incredibile liberazione di Mussolini dalla prigionia segreta di Campo
Imperatore del Gran Sasso d’Italia - riaprì una nuova fase della guerra che
sarà determinante del triste destino che si stava preparando per Fiume e i
Fiumani. I partigiani di Tito occuparono Sussak e si fermarono sul confine
dell’Eneo. Come mai il Comando partigiano non occupò Fiume come invece fu fatto
per tutta l’Istria e le isole? Per i fiumani fu veramente una fortuna perché
furono evitate le rappresaglie e gli ammazzamenti fatti in Istria dagli slavi
che vennero scoperti dopo l’arrivo dei tedeschi. Il merito di tale risultato
viene ascritto al Gen. Gastone Gambara, già Comandante dell’XI Corpo d’Armata
con sede a Lubiana e che da parte jugoslava era accusato di incendi di
villaggi, e uccisioni e deportazioni di civili. Egli fu convocato a Roma nei
primi giorni di Settembre dove gli venne assegnata la missione speciale di
realizzare la difesa di Fiume, Trieste e l’Istria dai tedeschi all’indomani
della Resa che stava per essere accettata dall’Italia, e in previsione di
facilitare un possibile sbarco alleato in Istria. Egli avrebbe dovuto fare
affidamento sulle forze che aveva comandato nel goriziano, ma non ebbe il tempo
di organizzarsi con i suoi uomini perchè gli Alleati comunicarono in anticipo
la resa dell’Italia. Egli arrivò a Fiume nella serata del 9 Settembre 1943 e
dovette pertanto rinunciare al suo progetto originario perché i tempi erano
saltati. Non gli rimase che avvalersi della truppa del Gen. Robotti, che lui
aveva trovato a Fiume e che era ancora disponibile malgrado che a causa del
discorso ambiguo di Badoglio, l’intero Esercito fosse in fase di sfaldamento.
Si calcola che avesse a sua disposizione il Reggimento Cavalleggeri di Saluzzo,
un centinaio di Camicie Nere rientrate dall’imboscamento, finanzieri,
questurini e carabinieri. E oltre a ciò erano anche attive sulle alture di
Drenova le batterie di Monte Lesco. I Partigiani di Tito si guardarono bene
dall’attaccare la città limitandosi al lancio di qualche schrapnell che in
Gomiliza cadde sulla casa di un fiumano di nazionalità ungherese. La città
trascorreva le giornate in apparente tranquillità e senza apprensioni, e in
questa attesa, in data 12 Settembre, arrivarono invece le forze tedesche
precedute da un attacco aereo di Stukas sul Delta. Il Gen. Gambara, che aveva
avuto lo specifico incarico di resistere ai tedeschi, mancò al suo dovere e
concesse ai tedeschi l’occupazione pacifica di Fiume giustificando tale decisione
con lo stato particolarmente grave del morale delle truppe a sua disposizione.
Nel frattempo i Partigiani, prima di ritirarsi da Sussak, fecero brillare il
ponte sull’Eneo. Nel giro di un mese si ebbe quindi l’istituzione dell’
Adriatisches Küstenland alle dipendenze del Gauleiter Friedrich Reiner con sede
a Trieste e giurisdizione su Trieste, Fiume, Pola, Udine, Gorizia, Lubiana
nonché i territori incorporati di Sussak, Castua, Buccari, Ciabar e Veglia. A
Sussak, tornarono gli Ustascia e la bandiera croata. Terminarono così le
precipitose annessioni italiane della Slovenia, della Dalmazia e del Territorio
Fiumano e della Kupa, fatte nel 1941.
rudi decleva
09 Settembre
2018
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